Sito denuclearizzato

giovedì 27 novembre 2008

Quale Sicurezza?

Sicurezza è uno dei termini più usati ed abusati degli ultimi anni. Ogni grande dittatura ha fatto della "sicurezza" del cittadino il suo cavallo di battaglia contro il nemico del momento, così come ogni governo della storia ha usato ed usa la leva della sicurezza dell'individuo per varare leggi più o meno popolari.
George W. Bush, ha iniziato due guerre "preventive" in nome di una sicurezza del popolo americano messa a rischio dagli stati canaglia, guardandosi bene dall'analizzare i motivi del terrorismo internazionale, che trovano spesso parte del loro movente nei risultati disastrosi della politica estera americana.
In nome della sicurezza è stata inventata la "privacy", una delle più grandi bufale della storia, buona solo per legalizzare la raccolta di dati ed immagini personali tramite siti web e telecamere ad ogni angolo di strada.
Anche l'ultimo governo Berlusconi ha fatto della sicurezza, o meglio, del senso di insicurezza degli italiani (usando la Lega come megafono), una bandiera fondamentale della sua campagna elettorale. Ora, a circa otto mesi dall'elezione del Presidente del Consiglio e dopo proclami, proposte e leggi più o meno liberali (spesso razziste) contro gli immigrati, forse gli italiani stanno iniziando ad aprire gli occhi e a rendersi conti che questo "can-can" mediatico sulla sicurezza ha puramente valenza elettorale, e poco ha a che fare con il sociale ed il quotidiano. Non dovrebbero forse essere temi fondamentali anche la sicurezza sul lavoro, la sicurezza per le donne (a proposito, domani è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne), non ultima la sicurezza nelle scuole? purtroppo, invece, come in ogni "democrazia a metà" che si rispetti si cerca di distogliere l'attenzione dal problema vero con proclami altisonanti, con partite di calcio o veline semi nude, con processi che sanno più di gossip dell'ultim'ora piuttosto che di vita reale e vissuta (vedi la vicenda dell'omicidio di Erba, che ha trasformato le testate giornalistiche nazionali in riviste scandalistiche), con battutine e pacche sulle spalle. Triste. Tanto più triste se ci si accorge che il popolo non impara dalla storia, che non si crea un senso sociale critico, maturato sulla base di esperienze passate, che permetta di stoppare sul nascere esternazioni propagandistiche e che permetta di non abboccare a qualsiasi carognata smaltata d'oro proposta a reti unificate.
Saluti

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