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lunedì 8 dicembre 2008

Tema Ambiente

Mentre a Poznan (Polonia) è in pieno svolgimento l'incontro dei paesi ONU sui mutamenti climatici (che come al solito vede prevalere interessi lobbistici piuttosto che comuni), l'Italia fa sapere, prima per bocca del Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo e poi, a ribadire, del Ministro degli Esteri Frattini, che non è disposta a firmare il pacchetto clima della UE.

Il testo, presentato dalla Germania del Cancelliere Merkel l'anno scorso, è ormai arrivato alla sua terza revisione (per mano francese, attuale presidenza di turno), ed avrà l'obiettivo di dettare le linee guida per i 27 Paesi dell'Unione a partire dal 2010, anno in cui il Protocollo di Kyoto scadrà.
Con la crisi economica economico finanziaria in casa, pochi Paesi sono disposti ad accollarsi ulteriori tagli ed investimenti per la salvaguardia del Pianeta, per la riduzione delle emissioni di CO2 e per l'efficienza energetica, primi fra tutti (ahimè) Italia a Polonia.
Le richieste di questi due Paesi, assieme ad alcuni altri, sono quelle di avere dei "benefit" per l'industria pesante e termoelettrica, cioè per i settori più critici sia dal punto di vista dell'inquinamento (la Polonia, per esempio, fa ancora largo uso di carbone nelle sue centrali), che della produzione e dell'impiego di forza lavoro.
L'Italia ha imposto un pesante diktat all'obiettivo della UE del cosiddetto pacchetto "20-20-20", ovverosia di riuscire, entro il 2020 e rispetto ai livelli del 1990, a portare al 20% la produzione di energia da fonte rinnovabile
l'Italia è attualmente ferma ad un misero 5-7%

a ridurre del 20% le emissioni di CO2
l'Italia, dal 1990, ha incrementato le sue emissioni di circa un +5-8% e ne consegue che, per rientrare negli obiettivi del 20% dovremo ridurre le emissioni di un 25-28%
e di migliorare del 20% l'efficienza energetica.

Oltre agli sgravi per i settori più a rischio, il Governo italiano chiede, qualsiasi sia la versione definitiva del pacchetto clima che uscirà dall'incontro dei 27 a Bruxelles l' 11 Dicembre prossimo, una prima revisione del testo nel 2010, a valle dell'incontro mondiale sul clima previsto per fine 2009, ed una seconda revisione nel 2014, per verificare l'effettiva validità delle linee guida concordate ed, eventualmente, rivederle e modificarle.
Mi chiedo, quand'è che i potenti inizieranno a fare davvero i conti con il clima, l'ambiente e l'inquinamento? perchè se le cose vanno bene tutti sono pronti a dichiararsi "verdi", ma quando si dovrebbero prendere decisioni vere (e questo accade soprattutto in periodo di crisi), tutti si tirano indietro e tentano di salvaguardare i soliti poteri forti?
Temo che la strada verso una vera "emancipazione" delle tematiche ambientali e la loro completa indipendenza dalla sfera industriale sia ancora lunga, ma confido che ci siano persone pronte a percorrerla, in maniera corretta e coerente, svincolata da falsi pregiudizi (tipo le lotte senza quartiere ai mulini eoloci, ai quali, magari prossimamente, dedicherò un intervento), e da lotte puramente ideologiche che di scientifico hanno ben poco.
Saluti

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