Ieri sera io e mia moglie, una coppia italo-polacca di Padova, abbiamo rivenduto il passeggino doppio (già acquistato usato) delle nostre due bimbe, a una famiglia marocchina residente a Verona.
L'incontro alle 20.40, davanti alla Chiesa del quartiere, con un ragazzo nord africano e il suo primogenito di un anno e mezzo (la bimba di tre mesi era a casa con la madre), mi ha fatto riflettere su un paio di questioni.
Innanzitutto sul fatto che ci sono tanti immigrati, qui da noi nel nord-est, che vivono e lavorano come gli italiani "doc" e che hanno contribuito, forse più di altri, al miracolo del Nord-Est italiano. Immigrati che negli ultimi vent'anni hanno fatto lavori umili, che spesso noi rifiutavamo perchè poco qualificati/qualificanti, che ci hanno aiutati a tenere pulite le città, a gestire i nostri nonni, a produrre i nostri beni, esportati in tutto il Mondo.
So che questo discorso può suonare noioso, trito e ritrito, ma è bene ricordarsene soprattutto quando in giro si sentono discussioni su demenziali secessioni, sull'espulsione di chiunque non sia veneto, sulla negazione agli immigrati di partecipare ai concorsi pubblici, sul fatto che prima il lavoro vada dato "ai nostri". Stiracchiata al massimo, una conclusione a questo mio ragionamento potrebbe suonare: perchè togliere un immigrato dal posto di lavoro che si è conquistato, per metterci "uno dei nostri"? la presenza di quell'immigrato sarebbe quindi solo servita a tenere in calda un posto di lavoro, fino al momento in cui un veneto avesse deciso di occuparlo? non rischia forse di essere questo il punto di arrivo della mia riflessione?
In secondo luogo, l'esperienza di ieri sera mi ha fatto pensare ai nostri figli. O meglio, ai figli che gli italiani non fanno più. Siamo un Paese vecchio, gravato da politiche sociali e per le famiglie che fanno passare la voglia a mettere al mondo bambini. Le madri non sono tutelate nè supportate, gli asili e le scuole costano sempre di più e ce ne sono sempre meno, gli orari di lavoro (per chi ancora lo possiede) negano qualsiasi velleità ad avere un rapporto sereno con i propri figli. Trovo invece così edificante che le mie figlie (una alla scuola materna e l'altra all'asilo nido), abbiamo amichetti cinesi, marocchini, albanesi e romeni. E non solo perchè "fa figo essere multiculturale", ma soprattutto perchè un domani, quando si dovrà discutere se bombardare il Medio Oriente, o chiudere il commercio con la Cina, o espellere tutti i romeni presenti in Italia, le mie figlie andranno con il loro pensiero ai loro amici (o anche solo conoscenti), e potranno prendere una decisione più consapevole e ragionata. Questa trovo che sia l'integrazione.
Vogliamo mandare a casa tutti gli stranieri? Correremmo il rischio di risvegliarci più vecchi, più soli e sommersi di attività necessarie ma che abbiamo perso l'abitudine a compiere.
Certo la conclusione è provocatoria, ma varrebbe la pena porre la questione a certi signori in camicia verde (ma non solo), che come nei momenti bui della storia scaricano sull'altro (compresa l'Europa e l'euro) responsabilità che, in buona parte, sono invece soltanto nostre.
Saluti