Mentre mia figlia se la dorme, recuperando il sonno perso di questa notte, me ne sto qui in divano concedendomi un po' di tempo per spulciare qua e là nella Rete.
Ciò che mi ha mosso alla ricerca è stata un mezza frase orecchiata per radio un paio di settimane fa, ma che solo ora riesco a trovare il tempo per chiarire. L'argomento dell'itervento radiofonico erano, come spesso accade, l'inquinamento e l'impatto che ciascuno di noi ha sull'ambiente circostante. Tutti sanno come questi temi mi stiano a cuore e mi tocchino da vicino, ora più che mai visto che dovrò "consegnare" questo nostro Pianeta anche a mia figlia e non solo a sconosciute e generiche generazioni future. Uno degli aspetti che più di altri ha da sempre stuzzicato la mia curiosità in quest'ambito è stata la rottamazione delle autovetture.
Ciò che mi ha mosso alla ricerca è stata un mezza frase orecchiata per radio un paio di settimane fa, ma che solo ora riesco a trovare il tempo per chiarire. L'argomento dell'itervento radiofonico erano, come spesso accade, l'inquinamento e l'impatto che ciascuno di noi ha sull'ambiente circostante. Tutti sanno come questi temi mi stiano a cuore e mi tocchino da vicino, ora più che mai visto che dovrò "consegnare" questo nostro Pianeta anche a mia figlia e non solo a sconosciute e generiche generazioni future. Uno degli aspetti che più di altri ha da sempre stuzzicato la mia curiosità in quest'ambito è stata la rottamazione delle autovetture.
Chi di noi non ha goduto, almeno una volta nella vita, degli incentivi rottamazione? Io per primo, lo ammetto. Ciò che però ha sempre turbato il mio rispetto per la lingua italiana, è l'appellativo che ormai usualmente si dà a questi aiuti di Stato (e quindi finanziati da noi), di eco-incentivi. Come può essere "eco" un qualche cosa che, vada come vada, tende ad aumentare il numero di automobili in circolazione?
Per non fare confuzione, credo ci siano due aspetti che, in tutta questa storia, vanno considerati:
1) Il primo riguarda l'inquinamento: ci viene detto che sostituire un'auto vecchia con una più moderna comporta un minor inquinamento, poichè motori di nuova generazione inquinano meno; questo è vero fino ad un certo punto, e lo dimostrano numerosi studi di settore; presa, per esempio, una Volkswagen Passat degli anni '90 ed un modello recente, i consumi e le emissioni sono sostanzialmente identiche; ma diamo per un attimo credito alla teoria del "minor impatto ambientale";
2) Il secondo aspetto si lega pesantemente al primo e ridimensiona la suddetta teoria: come possono convincerci (e come possiamo farci convincere), che l'impatto ambientale di un autovettura sia dato esclusivamente dalle emissioni che questa produce? e l'inquinamento prodotto durante le fasi di fabbricazione e lavorazione delle materie prime? e, soprattutto, l'inquinamento legato allo smaltimento delle auto rottamate?
Ed ecco forse l'aspetto che mi inquieta di più: per chiunque sia dotato di un minimo di spirito di osservazione appare evidente come negli ultimi 3-4 anni il parco auto italiano si sia profondamente rinnovato, complici soprattutto gli incentivi rottamazione (che come fine taciuto ma non trascurabile, hanno avuto quello di dare impulso all'industria dell'auto ed al suo indotto, non dimentichiamolo mai). A Padova, la mia città, faccio fatica a trovare targhe vecchio stile del tipo "PD-012345", per intendersi, così come targhe nuove che inizino con la lettera A (AZ-012-AA, per capirsi). Insomma, gli automobilisti italiani hanno cambiato le loro auto a ritmi frenetici, sfruttando il calo dei presso dovuti alla crisi e gli aiuti statali alla rottamazione. Ma tutte le auto "vecchie ed inquinanti" che fine hanno fatto? dove e come sono state e vengono smaltite?
Molte, ne sono certo, vengono vendute su altri mercati (Est Europa ed Asia), rendendo in tal modo vano il termine "eco-incentivo", a mio parere (anche se forse, così facendo, andiamo pur tuttavia a rinnovare il parco auto anche di quei Paesi). Una grande percentuale di auto, però, viene effettivamente demolita. I metalli vengono separati dagli interni, che a loro volta sono divisi nei diversi materiali plastici componenti. I copertoni prendono una strada mentre i cerchioni e le batterie un'altra. I metalli pesanti e più inquinanti sono trattati in maniera apposita.
Ma cosa resta alla fine di tutto ciò? ecco, dopo un paio di ricerche in rete l'ho scoperto. Ciò che resta dallo smembramento di un'autovettura è quello che in inglese viene definito car fluff, termine probabilmente intraducibile in italiano, ovverosia il residuo non metallico che ammonta a circa il 30% in peso del veicolo.
Tutto quanto di un'automobile non può essere recuperato e riciclato per altri usi, viene raccolto insieme e triturato. Il risultato è una sorta di poltiglia, che dovrebbe essere appositamente trattata poichè altamente inquinante (contiene discrete percentuali di metalli pesanti e composti polimerici tossici). Uno degli utilizzi "utili" del car fluff è il suo impiego quale elemento primario per il cosiddetto RDF (Refuse Derived Fuel), combustibile composto sostanzialmente da plastica e gomma bruciato nei termovalorizzatori.
Manco a dirlo il più delle volte il car fluff viene "smaltito" in maniera illecita se non addirittura venduto come concime a basso costo, che agricoltori ingenui comprano ed usano per le loro coltivazioni.
In rete ho trovato un paio di interventi datati Gennaio 2006 in un forum che potete trovare qui.
Un po' più recente (Novembre 2008) è un articolo comparso su Rinnovabili, dove oltre a un po' di interessanti cifre (per esempio la produzione europea annua di car fluff viene quantificata in 300.000 tonnellate, mentre in Italia si smaltiscono circa 1,5 milioni di veicoli l'anno), si cita anche un progetto pilota per tre piro-gassificatori, che dovrebbero utilizzare il car fluff rendendolo così meno impattante per l'ambiente. Senza addentrarsi nel dettaglio del processo di piro-gassificazione, si può dire che, sostanzialmente, il car-fluff verrebbe bruciato in appositi serbatoio sotto vuoto e ad alte temperature per consentirne la completa dissociazione chimico-fisica, ottenendo come prodotti ceneri inerti ed un gas (ricco in metano), che verrebbe quindi bruciato in un motore per la produzione di energia elettrica.
Saluti
Per non fare confuzione, credo ci siano due aspetti che, in tutta questa storia, vanno considerati:
1) Il primo riguarda l'inquinamento: ci viene detto che sostituire un'auto vecchia con una più moderna comporta un minor inquinamento, poichè motori di nuova generazione inquinano meno; questo è vero fino ad un certo punto, e lo dimostrano numerosi studi di settore; presa, per esempio, una Volkswagen Passat degli anni '90 ed un modello recente, i consumi e le emissioni sono sostanzialmente identiche; ma diamo per un attimo credito alla teoria del "minor impatto ambientale";
2) Il secondo aspetto si lega pesantemente al primo e ridimensiona la suddetta teoria: come possono convincerci (e come possiamo farci convincere), che l'impatto ambientale di un autovettura sia dato esclusivamente dalle emissioni che questa produce? e l'inquinamento prodotto durante le fasi di fabbricazione e lavorazione delle materie prime? e, soprattutto, l'inquinamento legato allo smaltimento delle auto rottamate?
Ed ecco forse l'aspetto che mi inquieta di più: per chiunque sia dotato di un minimo di spirito di osservazione appare evidente come negli ultimi 3-4 anni il parco auto italiano si sia profondamente rinnovato, complici soprattutto gli incentivi rottamazione (che come fine taciuto ma non trascurabile, hanno avuto quello di dare impulso all'industria dell'auto ed al suo indotto, non dimentichiamolo mai). A Padova, la mia città, faccio fatica a trovare targhe vecchio stile del tipo "PD-012345", per intendersi, così come targhe nuove che inizino con la lettera A (AZ-012-AA, per capirsi). Insomma, gli automobilisti italiani hanno cambiato le loro auto a ritmi frenetici, sfruttando il calo dei presso dovuti alla crisi e gli aiuti statali alla rottamazione. Ma tutte le auto "vecchie ed inquinanti" che fine hanno fatto? dove e come sono state e vengono smaltite?
Molte, ne sono certo, vengono vendute su altri mercati (Est Europa ed Asia), rendendo in tal modo vano il termine "eco-incentivo", a mio parere (anche se forse, così facendo, andiamo pur tuttavia a rinnovare il parco auto anche di quei Paesi). Una grande percentuale di auto, però, viene effettivamente demolita. I metalli vengono separati dagli interni, che a loro volta sono divisi nei diversi materiali plastici componenti. I copertoni prendono una strada mentre i cerchioni e le batterie un'altra. I metalli pesanti e più inquinanti sono trattati in maniera apposita.
Ma cosa resta alla fine di tutto ciò? ecco, dopo un paio di ricerche in rete l'ho scoperto. Ciò che resta dallo smembramento di un'autovettura è quello che in inglese viene definito car fluff, termine probabilmente intraducibile in italiano, ovverosia il residuo non metallico che ammonta a circa il 30% in peso del veicolo.
Tutto quanto di un'automobile non può essere recuperato e riciclato per altri usi, viene raccolto insieme e triturato. Il risultato è una sorta di poltiglia, che dovrebbe essere appositamente trattata poichè altamente inquinante (contiene discrete percentuali di metalli pesanti e composti polimerici tossici). Uno degli utilizzi "utili" del car fluff è il suo impiego quale elemento primario per il cosiddetto RDF (Refuse Derived Fuel), combustibile composto sostanzialmente da plastica e gomma bruciato nei termovalorizzatori.
Manco a dirlo il più delle volte il car fluff viene "smaltito" in maniera illecita se non addirittura venduto come concime a basso costo, che agricoltori ingenui comprano ed usano per le loro coltivazioni.
In rete ho trovato un paio di interventi datati Gennaio 2006 in un forum che potete trovare qui.
Un po' più recente (Novembre 2008) è un articolo comparso su Rinnovabili, dove oltre a un po' di interessanti cifre (per esempio la produzione europea annua di car fluff viene quantificata in 300.000 tonnellate, mentre in Italia si smaltiscono circa 1,5 milioni di veicoli l'anno), si cita anche un progetto pilota per tre piro-gassificatori, che dovrebbero utilizzare il car fluff rendendolo così meno impattante per l'ambiente. Senza addentrarsi nel dettaglio del processo di piro-gassificazione, si può dire che, sostanzialmente, il car-fluff verrebbe bruciato in appositi serbatoio sotto vuoto e ad alte temperature per consentirne la completa dissociazione chimico-fisica, ottenendo come prodotti ceneri inerti ed un gas (ricco in metano), che verrebbe quindi bruciato in un motore per la produzione di energia elettrica.
Saluti
2 commenti:
Eh già, si guarda solo al prodotto finito ma alla sua lavorazione non ci si pensa.... Senza contare che in effetti tutta questa riduzione di emissioni rispetto al passato non é così elevata come giustamente hai rilevato.
Alla fin della fiera tutto quello di cui sono capaci di fare (quando ci riescono) è prendere provvedimenti per far girare l'economia. Tutto il resto è accessorio.
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