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domenica 9 ottobre 2011

Il ritorno dei Movimenti

Era nato nel 1999, a Seattle, in occasione della conferenza ministeriale del WTO (World Trade Organisation), ed è proseguito per tutto il primo decennio del nuovo millennio sotto molteplici e, talvolta, mutevoli forme. Li hanno chiato Popolo di Seattle, No Global, neo comunisti ed antiliberisti, ma, secondo me, senza mai coglierne appieno il senso. I temi rivendicati e le lotte erano anti globalizzazione, quella malata e deformata delle politiche neo liberiste, per cui il capitale vince e deve avere la meglio sulla gente. L'ironia della cosa, forse, era proprio questa: un movimento globale per dire no alla globalizzazione.
Quello stesso popolo è passato per Puerto Alegre, è passato per le manifestazione ad ogni singolo raduno del G8, del WTO, del FMI e di qualsiasi altra istituzione rappresentante il distacco degli interessi finanziari e capitalisti dalla gente comune. Certo, il movimento è passato anche per Genova 2001 e per il Black Block (dubbia metastasi di certo usata da politicanti senza troppa morale come "dimostrazione" che il Movimento era malato), ma in definitva quello che veniva rivendicato, dai diritti degli indios fino alla lotta al surriscaldamento global, dalle accuse alle grandi istituzioni finanziari fino ai problemi delle minoranze etniche in europa, erano tutte cose legittime e perfettamente condivisibili. La politica però non ha saputo ascoltare. Le sinistre, quelle di governo e quelle di opposizione, non hanno saputo ascoltare, e non solo qui in Italia, il messaggio e realizzarlo sempre troppo interessate ad inglobare ed etichettare il Movimento, invece che a provare a realizzarne le istanze (basti pensare ai Girotondi: quanta gente hanno raccolto? e quanti tentativi di appropriazione indebita da parte di taluni partiti?).
Oggi, dopo qualche anno in sordina, i movimenti ritornano sull'onda emotiva (e forse sulla disperazione), determinata dalla crisi finanziaria, dalla crisi economica, dalla crisi sociale. I movimenti tornano, con nomi diversi (Indignados, per lo più, copiando i cugini spagnoli), ma rivendicando sostanzialmente le stesse cose di dieci anni fa, per lo meno a mio modo di vedere: uguaglianza sociale, più diritti, la persona davanti al profitto, regole per il mercato globale. Quelle regole che, se fossero state imposte (non discusse ma imposte), alla finanza globale dieci anni fa forse avrebbero consentito di evitare la situazione in cui ci troviamo oggi.
Se ascoltiamo i "rivoluzionari" medio-orientali (dall'Egitto alla Siria repressa), i manifestanti greci, gli spagnoli, gli inglesi e, adesso, anche gli americani, rivendicano tutti le medesime cose: assistenza sanitaria ed istruzione di base gratuite e di buon livello, opportunità di lavoro, meno disinteresse della politica per la società, meno collusioni politica finanza, meno potere alle banche (che tutti i Paesi, indifferentemente, hanno salvato a scapito dei cittadini), meno potere sulle politiche interne da parte delle agenzie di rating o di altri fantomatici soggetti extraterrestri. Insomma, il movimento no global, a mio parere, non è mai scomparso, ha solo cambiato forma, volto e nome, ma di fondo resta lo stesso dei Social Forum. Se però la politica non si decirà ad ascoltarlo, temo non si riuscirà mai ad emergere dalla crisi. Certo ora, rispetto ai primi anni duemila, c'è un elemento in più: la crisi finanziaria ed economica sta colpendo tutti, indistintamente, quindi non si tratta più solo di un manipolo di curiosi manifestanti folkloristici e multietnici che invadono le strade e le piazze, ma di intere popolazioni, industriali compresi, che cercano una soluzione al problema. Ognuno a modo proprio ma, di fatto, confermando che le istanze del Movimento erano e sono assolutamente corrette.

Saluti

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